Con Boario Architettonica, Festival all’insù giunge al termine
La nove giorni di Festival all’insù si è conclusa con un evento sul territorio: “Guardare dentro l’architettura – Boario Architettonica”. In collaborazione con il Gruppo Fai di Valle Camonica, l’architetto e Coordinatore istituzionale del Festival Attilio Cristini ha restituito una panoramica di sei luoghi significativi: l’Edificio Ex Consolata, il Centro Congressi, Palazzina “Imma”, la Chiesa Madonna degli Alpini, Piazza Einaudi e l’Autostazione di Boario.
Dall’Ex Consolata Cristini ha portato il pubblico a riflettere sugli intenti degli architetti nella progettazione e realizzazione di un progetto, aspetti meno noti e immediati da cogliere. È stato sottolineato a più riprese come la forza degli edifici venga espressa dalla sintonia con cui questi sono stati pensati in relazione al contesto architettonico e naturale in cui si collocano.
Questa visione si riflette nei progetti di due architetti che hanno lavorato a Boario: Vittorio Montiglio Taglierini per la Chiesa Madonna degli Alpini e l’Albergo Trieste, Vittorio Gregotti per il Centro Congressi.
Negli anni Novanta venne affidato a Gregotti, uno dei più importanti architetti italiani a livello internazionale, il piano regolatore di Darfo Boario Terme. La volontà di Vittorio Gregotti non era solo quella di fare un lavoro planimetrico, bensì d’integrare anche visioni di architettura, dando tridimensionalità al piano. Ipotizzò dunque un sistema urbanistico del quale tuttavia soltanto il Centro Congressi è stato portato a termine.
Vittorio Montiglio Taglierini condivideva questa visione quando negli anni Cinquanta venne incaricato di realizzare la Chiesa Madonna degli Alpini. Voleva che la chiesa fosse un “monumento a ricordo dei caduti e dei dispersi di tutte le guerre” per un voto fatto da Don Guido Turla, sacerdote reduce dalla campagna militare in Russia.

Nel suo studio urbanistico, Montiglio Taglierini aveva previsto il sagrato e un piazzale, dove ora c’è un parcheggio, un campanile alto, un chiostro, un cinema, un oratorio, le scuole e un lungo portico.
Cristini ha sottolineato come progetti di questo respiro rimangano in un’ottica di qualità dei territori e dunque di vita per le persone che li abitano. Non considerare gli elementi di “empatia” tra questi edifici tradirebbe le intenzioni originarie su cui si fondano i loro progetti, a discapito della fruizione degli spazi da parte dei cittadini.
Questa riflessione si inserisce nell’ampio programma del Festival, che ha voluto sensibilizzare il pubblico sulla necessità di ripensare l’abitare oggi, specialmente in contesti marginali. La montagna diventa il luogo ideale per interrogarsi sul futuro dell’architettura, non solo come pratica costruttiva, ma come strumento per la rigenerazione e la valorizzazione di questi luoghi. Il Festival è stato occasione di dialogo tra professionisti, cittadini e istituzioni, stimolando il confronto su come costruire e vivere questi contesti con maggiore consapevolezza.
Il Festival ha permesso di riflettere sulla sostenibilità, sull’identità culturale dei luoghi e sulle opportunità di un’architettura che sa dialogare con l’ambiente in cui si inserisce.
In questo modo, la conclusione del Festival non rappresenta un punto di arrivo, ma l’inizio di un nuovo percorso: una continua riflessione sul modo di vivere, costruire e preservare l’ambiente montano, aprendo una serie di prospettive che invitano a riconsiderare l’architettura non solo come un’attività tecnica, ma come un potente strumento di trasformazione sociale, culturale e ambientale.
Laura Bona (Residenze eroiche)