La coralità del progetto architettonico
La figura dell’architetto porta, in sé, molteplici professionalità. Il tema è stato sviscerato a più riprese nel corso delle premiazioni e della tavola rotonda legate ad ABITARE MINIMO IN MONTAGNA.
Mediatore di competenze e conoscenze, portavoce delle istanze della committenza e della filiera, figura di riferimento di progetti e territori. La professione dell’architetto incorpora pregi e responsabilità. Elementi che, al contrario di quanto si possa immaginare, si declinano al meglio nella dimensione della coralità.
Lungi dalla sfera di azione di chi si pone da solo sotto i riflettori, lo spirito del Festival sta portando in luce la figura del progettista capace di relazione. Ben lontano dal peso mediatico dell’archistar.
La capacità di tessere reti e rapporti caratterizza una cultura del costruire non firmata, in cui la professione permette di porsi in relazione con i contesti e le persone che li abitano. L’azione dell’architetto diventa dunque un presidio di valori inseriti nel progetto, al servizio dei committenti in termini di qualità dei luoghi e di vita.
Rappresentativo è il progetto LA BAITA – ABITARE UN RUDERE, per cui studioata ha ricevuto una menzione per la sezione “Architettura minima degli interni”. Il coinvolgimento diretto della committenza e il confronto tra gli otto progettisti che compongono lo studio mettono in risalto l’idea progettuale condivisa, in cui da un rustico a destinazione agricola è stata realizzata una baita per uso abitativo.
Il committente ha fatto suo l’intervento di recupero realizzando la finitura interna del rustico e dedicandosi ad alcuni dettagli particolari, rielaborando e sviluppando ulteriormente il progetto.
L’architetto Alberto Rosso (studioata) ha sottolineato come progetti di architettura minima realizzati – come in questo caso – nel contesto più estremo dei territori montani, siano un percorso condiviso. Un processo dove diventano centrali le relazioni tra le persone.
“Sono forse proprio le relazioni che si instaurano”, riferisce Alberto Rosso “così come quando si va in montagna con i compagni di gita dove si condivide la fatica, che fanno sì che quella fatica condivisa renda la relazione particolarmente significativa, al di là del posto che si sta frequentando. Ti ricordi molto di più le persone con cui eri in montagna e magari meno il panorama o la punta che hai fatto”.
La figura dell’architetto rivela quindi il suo potenziale ruolo propositivo, in cui i caratteri del processo costruttivo possono diventare più interessanti rispetto al progetto realizzato.
Laura Bona (Residenze eroiche)